Letta così è una notizia che non dà luogo a sorprese considerati gli ultimi dati sulla mortalità delle attività commerciali a Torino di cui peraltro, boutique di via Roma a parte, non si parla mai come qualcosa di cui la città dovrebbe vergognarsi.

Qui a vergognarsi dovrebbero essere quei commercianti che dopo avere affittato per anni negozi di proprietà del Comune di Torino a prezzi calmierati di gran lunga inferiori a quelli di mercato, adesso lanciano il grido d'allarme usando le pagine della stampa locale. Il Comune infatti, attraverso il Fondo Immobiliare indice aste per rinnovare gli affitti e recuperare soldi utili alla sua sopravvivenza con la conseguenza che i cento fortunelli dovranno da domani vedersela con la realtà dura del caro affitto, quello che pagano da sempre tutti i commercianti non raccomandati.

L'associazione commercianti di Torino si schiera con i suoi associati ma dimentica le altre migliaia di attività che l'affitto lo hanno sempre pagato ai privati a canoni di mercato. In più va considerato che la zona di cui si tratta è via Garibaldi e strade adiacenti che sono angoli di privilegio per chi vuole fare affari con una bottega.

Perchè la stampa locale e l'Ascom non prendono un autobus (cosi i torinesi risparmiano) e non vanno a intervistare un qualunque commerciante della zona di Santa Rita piuttosto che della Crocetta ? Ne uscirebbe un interessante reportage...

 

Ogni volta che si parla di grandi progetti in una grande città viene sempre da pensare male.

La notizia è fresca: chiudere la Stazione di Porta Nuova e farne qualcosa di diverso. La società Grandi Stazioni del gruppo Trenitalia proprietaria dell'area ha da un paio di anni ultimato la nuova galleria commerciale all'interno dello scalo ferroviario, spazi nei quali si sono insediate parecchie attività commerciali che adesso si chiedono cosa fare se non arriveranno più i viaggiatori. Ma ciò importa assai ai palazzinari subalpini, ai loro amici finanziatori ed ai poteri che decidono le sorti di Torino.

Ciò che invece interessa, e molto, è la rendita fondiaria ed immobiliare : si tratta di riqualificare un'area dal centro al Lingotto il cui valore del solo terreno supera i 300 milioni di euro sui quali si possono costruire palazzi residenziali e le solite aree verdi che piacciono tanto ma che poi il Comune non ha i soldi per mantenere. E gli appartamenti chi li acquisterà ? Le banche non mollano più un centesimo per il terrore di rimanere fregate in questo momento di claudicanti se non compromesse prospettive finanziarie; a Torino non esiste più nessuna azienda che investa un euro considerando la scarsissima appetibilità commerciale nonché la posizione geografica storicamente sventurata rispetto all'asse Milano-Roma.

Viene da domandarsi con quali soldi il Comune di Torino possa anche solo immaginare di investire soldi che non ha : il debito della città ammonta a 3,3 miliardi di euro in parte simpatica eredità dei giochi olimpici invernali del 2006 di cui nessuno ha pagato la responsabilità.

Torino sta un po meno peggio rispetto ad altre grandi metropoli quanto ad infiltrazioni criminali nella realizzazione delle grandi opere e degli appalti in generale, ma il primo pensiero che viene in mente è che il business interessi a qualcuno che a Torino forse non c'è neppure mai stato in vita sua.

Il consigliere terzopolista Alberto Musy rispolvera l'idea, già utilizzata dal suo vecchio mèntore Valerio Zanone nella campagna elettorale che lo vide sindaco per diciotto mesi nel 1990, del "road pricing".

Idea nata per limitare il traffico proveniente dall'esterno nella capitale del Regno Unito, oggi viene proposta per fare cassa e recuperare parecchi soldi necessari alla sopravvivenza dell'apparato amministrativo di Torino.

Londra o altre capitali del mondo congestionate dal traffico automobilistico hanno scelto questo sistema non solo per rimpinguare il bilancio, ma sopratutto per difendere i cittadini dalle micidiali polveri sottili.

Il progetto che non piace nemmeno troppo alla giunta Fassino prevede un importo addebitato su una carta di credito o similare di un euro ad ogni passaggio sotto le telecamere che chiudono la città ai non residenti. I conti sono presto fatti : 8 milioni di euro al mese di introito per le casse di Palazzo civico.

Queste sono belle notizie anche alla luce dei 140 milioni di euro di tagli previsti dalla manovra del governo, che verrebbero in gran parte rimpiazzati in dodici mesi dagli occhi elettronici ai varchi cittadini.

Resta da capire cosa ne pensano coloro che dovrebbero pagare questo dazio medievale. Il progetto prevede inoltre un costoso sistema di controllo degli accessi e di gestione della tariffazione che richiederà un certo numero di anni per essere ammortizzato.

Il vero dato è che la FIAT (storicamente ostile ad ogni politica di disincentivo dell'uso dell'automobile) non si è opposta al progetto fornendo un messaggio che non lascia dubbi : l'ultimo dei pensieri dei giovani eredi subalpini è quello di continuare a costruire automobili a Torino.

Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire?

E' inutile continuare a discuterne : i dipendenti privati e pubblici ed i pensionati considerano da sempre il commerciante o l'artigiano come (ricco) evasore fiscale cronico, causa di tutti i mali dell'Italia sopratutto in tempi di caccia alle streghe come in questo caldo agosto da manovra fiscale pesante.

Premettendo che il contributo di solidarietà appioppato sull'eccedenza dei 90 mila euro è una pagliacciata (se dichiaro 95 mila euro mi vengono sfilati 250 euro !), i media stanno snocciolando resoconti su controlli giornalistici dell'evasione, che infervorano la carogna dei dipendenti che oggi ritornano negli uffici, qualcuno ancora con il pareo e le ciabatte da mare.

A Torino il principale giornale cittadino ha setacciato prima i locali della notte, poi quelli del giorno : nemmeno a dirlo i nottambuli "dimenticano" uno scontrino su due, forse perchè pensano che il personale della Gdf costi troppo mandarlo in giro la notte per via degli straordinari e di conseguenza si rischiano meno i controlli.

Non so se allo Stato italiano possa interessare di più un locale aperto che evade una parte del reddito o preferisca piuttosto un esercizio che dichiara interamente il reddito ma dopo un anno ha chiuso l'attività e non potrà più versare nessuna tassa, IRPEF, contributi INPS e INAIL dei titolari e per i dipendenti, IRAP, tassa sulla camera di commercio, tassa rifiuti e altre cosine del genere.Per non parlare del giro di affari di attività private di fornitura di ogni bene e servizio che ruotano intorno ad una attività ed a loro volta contribuiscono al fisco e alla circolazione dei capitali.

L'evasione è uno dei principali mali dell'Italia dei furbi, ma vanno distinti i comportamenti degli autonomi quando fanno i professionisti (medici, dentisti, notai) o quando hanno un bar nella strada desolata di una città : i primi evadono per cambiare ogni due anni l'automobile da cinquantamila euro, i secondi per mandare a scuola i propri figli e non chiudere l'attività.

Il popolo bue intortato dalla televisione non riesce più rilevarne la differenza.

Anche l'Assessore Fiorenzo Alfieri guardando il Monte dei Cappuccini spento e tornato ai suoi colori naturali (non il viola da lampada di Wood con cui lo abbiamo visto travestito negli ultimi anni) è rimasto sorpreso : sarà un guasto ? No, sono finiti i soldi.

Ebbene si, il Comune di Torino che si crogiola in una situazione finanziaria a dir poco disastrosa ha scelto di risparmiare i soldi dei cittadini per utilizzarli (meno male) in rattoppi più importanti ed ha spento la ormai istituzionalizzata fiera della lampadina.

Non oso immaginare lo sdegno degli artisti per una tale sciabolata sul pedigree della cultura torinese che vive da decenni foraggiata con soldi pubblici in una sorta di vernissage senza soluzione di continuità per presentare fotografi, scultori, artigiani del plexiglas che brindano con prosecchini caldi nei molti spazi che il Comune di Torino ha allestito per questo genere di divertimento popolare che serve anche per sentirsi parte di un certo mondo.Ecco dimentichiamoci per un po' di anni questo mondo di giovani e meno giovani aspiranti creativi e mettiamo la loro testa mirabolante al servizio di qualcosa di veramente nuovo e utile per risolvere il blocco di questa città in cassa integrazione mentale permanente, postindustriale ormai da decenni.

Qualche neon in meno e qualche idea concreta in più non nuoceranno di certo.