Un tempo c'era un morto ammazzato ogni giorno per questioni di soldi, oggi c'è un morto impiccato ogni giorno per la ragione opposta : sono finiti i soldi.

A chi non è capitato, anche in tempi di vacche grasse, di dover rinunciare a qualcosa per superare momenti difficili ? Purtroppo la situazione non aiuta a ragionare e la via più breve per certi soggetti meno preparati è di recarsi dal ferramenta per comprare una corda. Va tuttavia considerato che spesso non è la mancanza di pane e minestra a determinare le situazioni insostenibili di cui sopra, quanto la necessaria fine di uno stile di vita che già prima della crisi era del tutto fuori luogo, fatto di vizi, sfizi, auto, cellulari costosi e abiti firmati. Per molti il dover rinunciare a tutto questo rappresenta davvero "La fine".

Con rispetto per chi davvero si trova in estrema difficoltà (e sono in tanti e crescono ogni giorno), va segnalato che l'effetto domino va fermato cercando di riportare le persone a ragionare prima di compiere gesti scellerati, magari pensandoci un pò prima di arrivare sull'orlo del burrone, insultando il bene della vita che anche per un laico come me ha un valore incommensurabile.

Episodi come quello del valligiano bergamasco il quale, armato di fucile, ha tenuto sotto scacco numerose forze dell'ordine e mezzi di ogni genere a Romano di Lombardia devono essere scongiurati per evitare che lo spirito di emulazione suggerisca a persone non proprio in situazioni psicologiche regolari, di barricarsi negli uffici finanziari italiani con sotto l'ascella plichi di multe non pagate, contributi dimenticati e altre nequizie di cui oggi Equitalia sta reclamando senza pietà il saldo.

Certamente il governo italiano in questo momento non è proprio tenero con i suoi provvedimenti che stanno mettendo molte famiglie in difficoltà, ma non vorremmo che le campagne di disobbedienza fiscale messe in atto in questi giorni dal partito della vecchia antipolitica facessero anche lievitare i costi sociali, come muovere un elicottero delle teste di cuoio dei Carabinieri, salvo poi fare pagare il servizio pubblico a noi cittadini che le tasse le abbiamo sempre pagate.

Sul finire del 1995, a tre anni dallo scoppio di Tangentopoli e sei anni prima di morire, un grande giornalista che si chiamava Indro Montanelli commentava con un articolo intitolato "Ma il Paese è meglio della classe politica?" la nostra società ammalata di oblio e di incapacità di autodefinirsi con sincerità. Per ricordarlo pubblichiamo l'articolo per intero e chissà mai se leggendolo oggi a qualcuno salterà all'occhio la qualità professionale di Montanelli messa a fianco di troppi pennivendoli prezzolati, servi del potere che non sono in grado di svolgere con serietà il loro mestiere di giornalista.

Al loro posto, ci ripenserei con qualche inquietudine. Sto parlando delle toghe di Mani pulite, e quello a cui ripenserei il giorno in cui un certo signor Chiesa, colto in flagrante bustarella di qualche milione, poco più che una mancia da portaborse, fece saltare il tombino della fogna, che doveva sommergere l’Italia di liquame. Ci ripenserei non per pentirmene; cosa potevano fare le toghe: fingere di non vedere e non sentire ? Quello che con qualche inquietudine al loro posto ci chiederemmo è se si resero immediatamente conto del baratro in cui l’inchiesta stava per precipitare tutta la classe dirigente della Prima Repubblica, e più ancora della forza di contagio che la loro azione avrebbe esercitato su tutte le altre Procure. Dai colloqui che ho avuto saltuariamente con loro, a cominciare dal capo Borrelli e dal suo vice D’Ambrosio, credo di poter arguire che se ne resero conto e che affrontarono l’impegno con piena consapevolezza, convinti, come le eravamo tutti, o come credevamo di esserlo (i pretesti e la varietà degli autoinganni sono infiniti) che, una volta individuato il focolaio della corruzione, bastasse estirpare quello a colpi di bisturi, anche se assestati un po’ fuori dalle regole, per risanare il Paese. Fu il momento del grande idillio fra il pool incarnato da Di Pietro e l’opinione pubblica assetata di castigo e fidente nella guarigione. Le inquietudini cominciarono, sia pure dapprima esitanti e controverse, quando Tangentopoli prese a coinvolgere, com’era inevitabile, i ceti imprenditoriali, e questi, com’era ugualmente inevitabile, le fiamme gialle della Finanza, per poi tracimare in Sanitopoli, e poi in Affittopoli, per metterci alla fine di fronte alla imprevista realtà di millecinquecento ufficiali (uomini con tanto di divisa, di stellette, di riti che impegnano non a una professione, ma a un sacerdozio) indagati per bustarelle sulle forniture di armamenti; nonché un imprecisato numero di corpi accademici accusati d’imbrogli e favoritismi nei concorsi delle cattedre universitarie che dovrebbero allevare i quadri della nuova classe dirigente. Altro che focolaio. Questa è metastasi Un referto che ci lascia muti e sgomenti di fronte all’interrogativo: “Ma in che Paese viviamo?”. In questo Paese, viviamo. E’ l’ora di guardarlo negli occhi. Ma lo è anche di guardarci negli occhi pure tra noi. A tutti, anche a chi scrive faceva comodo pensare che tutto il marcio si annidasse nella classe politica, che bastasse buttare al macero quella per risanare l’Italia, e che per compiere questa operazione bastasse e possa ancora bastare qualche “regola” nuova. Non è così. E se persistiamo in questo autoinganno, al macero ci andiamo tutti. Guai se non troviamo il coraggio di riconoscere che la classe politica della Prima Repubblica era, nella sua putredine, lo specchio di un Paese nel quale la coscienza morale e civile è sempre rimasta monopolio di una esigua minoranza, regolarmente relegata ai margini della vita pubblica, e ora -temiamo – in via dia estinzione. Dicendo questo - e perciò lo diciamo sottovoce e a titolo puramente personale – sappiamo benissimo di tirarci addosso chissà quali anatemi e accuse di disfattismo. Ma se non si parte da questa natura amara e scomoda realtà non ci resta, con buona pace delle toghe di Mani pulite, che richiamare in patria il rifugiato di Hammamet, che in fondo era, nelle sue 50 perchierie e menzogne, il più fedele ritratto. I suoi successori non potrebbero che farcelo rimpiangere.

E' difficile tenere aggiornate le statistiche di apertura delle nuove attività in quello che sino a dieci anni fa era considerato un quartiere pericoloso, difficile e da evitare. Oggi brulica di iniziative artistiche, ristoranti centro americani, centri di preghiera di sei religioni diverse, librerie sadomaso e mostre d'arte di strada. Oggi tutti vogliono vivere e fare qualcosa a San Salvario.

Dietro le stazioni ferroviarie delle Grandi Città non si è mai riusciti ad attivare un circolo virtuoso di qualità di vita ma le città non sono più quelle di un tempo ed oggi anche un muro scrostato o due tavolini con sopra tre birre fuori frigo fanno arte, tendenza, incontro e divertimento.

Ho viaggiato pochissimo nel mondo ma l'idea che mi sono fatto leggendo reportage da paesi lontani o dalle megalopoli, è che questo stile londinese di immaginare il futuro dormendo poche ore per notte divertendosi nei locali low cost alla moda è un'attività residuale di altre piu importanti attività produttive, finanziarie industriali ed intellettuali.

A Torino invece si pensa solo più a installare orti sui tetti di ex fabbricati, ascoltare musica afro, mangiare etnico..., ma di lavorare non se ne parla mai. Va bene che il lavoro non c'è più ma a parte chi gestisce queste attività commerciali dandosi anche da fare con sacrificio, mi domando come le migliaia di clienti che affollano questi locali e vanno a dormire alle 6 del mattino (quindi non lavorano) possano permettersi queste stravaganze mentali che li fanno sentire tanto all'avanguardia.

Mentre le menti chiuse e deformate aspettano l'accordo sull'articolo 18, appese al paracadute sempre aperto della cassa integrazione che garantisce ancora una birra e due tacos, Torino affonda tra gli applausi e le maracas di Belo Horizonte.

Come quando si decide di vendere un bene usato a qualcuno e si cerca di rendere l'oggetto il più appetibile possibile per ricavarne il massimo profitto, in Italia la squadra cauterizzatrice del marciume guidata da Mario Monti sta facendo pulizia per accontentare il compratore.

Cinese, indiano, tedesco o russo il capitale straniero che è interessato a comprarsi il Bel Paese preferisce non incontrare intralci sulla sua strada, ostacoli fatti di politici corrotti, di assessori ignoranti, di faccendieri delinquenti, di puttane travestite da statiste perchè lui il Paese lo vuole pagare il giusto e non vuole trattare con nessuno pizzi, stecche o regalie che ne gonfino inutilmente i costi.

Ed ecco che si scoperchia il pentolone dei conti torbidi della ex Margherita di Francesco Rutelli, si fa luce sul lerciume umano e contabile della Lega Nord e si favorisce così una nuova occupazione da parte di nuove forze (politiche o no è ancora da vedere) che decideranno cosa fare dell'Italia.

Non che i magistrati assetati di giustizia sommaria non sapessero ciò che accadeva nei partiti da almeno vent'anni (nella prima Repubblica, in confronto a oggi, le forze politiche facevano campagna elettorale con sostanze a dir poco francescane) ma visto che l'indipendenza della magistratura in Italia è del tutto inesistente, la giustizia a orologeria ha fatto partire le lancette su precisa indicazione dei poteri occulti che da sempre sono la vera centrale operativa delle scelte di governo ed il repulisti ha avuto inizio.

Quanti giri dovrà fare il timer, per quanto ancora ci dovremo vergognare di aver votato senza nessuna costrizione ma solo perchè siamo intontiti dalla televisione, persone che anzichè rapprensentarci nelle aule del parlamento usano i nostri soldi per scopi personali ? E ciò che è peggio è che lo fanno anche ridendoci dietro perchè nessuno di questi signori si è ancora preso almeno un calcio nel sedere all'uscita di Monte Citorio perchè c'è ancora tantissima gente che si ostina a chiamarli "onorevoli".

Quando tra dieci anni sui tetti dei grattacieli di vetro e acciaio da cinquanta piani del litorale tirrenico o sulle spiagge basse del mare Adriatico che guardano le coste della Dalmazia vedremo le bandiere con la mezzaluna rossa o la stellina cinese avremo capito che l'operazione è stata compiuta. Buona notte, Italia mia.

"Saremmo capaci di spegnere il sole e le stelle, perché non pagano un dividendo"

Penso ai giovani, alla meglio gioventù di questo condominio regionale, che chiamiamo Italia.

Ai quali toccherà affrontare, come a tutti i loro coetanei, il mercato del lavoro più difficile dai tempi della grande depressione.

Che grande bugia, quella di far credere loro che si può migliorare la società, usando il libero mercato e la globalizzazione.....

"Il gatto e la volpe" che altro non sono che una mistificazione fatale, ma che hanno azzannato senza pietà diritti e tutele dei lavoratori, rendendoci tutti più isolati e più deboli.

Perchè libero mercato e globalizzazione sono entrambe al centro di un unico disegno egemonico, nato nel cuore dei grandi centri del potere capitalistico.

E non usciremo dalla grande contrazione, da questo terremoto economico e sociale che ci ha investito, se non ricostruiamo nelle nostre società quegli elementi di eguaglianza e giustizia, come è accaduto negli anni trenta.

Se non ci rendiamo artefici di un nuovo progetto riformatore, il capitalismo rischia di distruggere la democrazia ed il benessere collettivo: populismo, logica esasperata del profitto, consumismo "autoritario" sono infezioni maligne, che minacciano le nostre democrazie. E l' Italia è un piccolo laboratorio mostruoso di queste patologie.

Domandiamoci cosa è accaduto all' immagine del nostro paese nel mondo, mettiamo assieme i pezzi del puzzle di una dignità vilipesa e cestinata, che abbia la capacità di raccontare quali sono stati i costi dell' era dell' ultimo imperatore di Roma, e le radici profonde di un modo di fare politica che gli sopravviveranno, e con cui dovremo fare i conti anche dopo.

Perchè la priorità di impegnarsi a far crescere la coscienza civica nell' individuo è venuta meno, strangolata dalla necessità fasulla ed indotta che lo obbliga a fare rate fino al giorno dell' estrema unzione, pur di poter avere un megaschermo o il tablet dell' ultima generazione.

E sentirsi, quindi, un "cittadino esemplare".

Gente che abbia una capacità critica non risulta essere utile: per vendere si ha bisogno solo di consumatori, possibilmente ignoranti.

Se è vero che la storia siamo noi, allora dobbiamo influire sul corso degli eventi, e riusciremo a farlo solo se troviamo una narrazione comune che tenga insieme bisogni ed aspirazioni non di una sola categoria, ma di una nazione.

La nostra nazione.

L' unica che abbiamo.

A coloro che dovranno risollevare le sorti dell' Italia, e che hanno ereditato dai propri genitori, per la prima volta dopo tante generazioni, un mondo più povero e meno accogliente....

A coloro che dovranno misurarsi senza regole certe, con coetanei agguerriti provenienti da tutto il mondo, e non solo più dal paese accanto...

A coloro che saranno costretti a dimenticare il proprio ieri per "aggredire" il domani, e che dovranno avere e tradurre in realtà idee che i propri genitori non potranno capire.

E che forse non dovranno capire....

A tutti coloro che si accingono a questo periglioso viaggio, auspico di riuscire a doppiare idealmente quell' aspro Capo di Buona Speranza nel cui nome, però, risiede il miglior augurio che io possa loro fare.

E speriamo solo che "Sorella Povertà" non decida di tornare a farci visita, perchè vestirà un abito buono per tutte le stagioni.

E sarà lei, allora, a fare tendenza. E gli italiani, da bravi italiani, seguiranno subito la moda.

"Obtorto collo", però.

Luca Fregonese, Edinburgh UK