Torino 2.0 Blog
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Il sabato leopardiano raccontava il tempo di un secolo agreste e poverissimo ma il giorno è lo stesso in cui anch'io, che considero abominio il sogno di vincite milionarie passando le giornate bevendo crodini al bar a grattare lotterie istantanee, mi ritrovo a giocare cinque colonne da sei numeri ciascuna, Più un numero Superstar.
Gli anni a venire e le prospettive di una esistenza non proprio a livello delle aspettative che la mia generazione poteva attendersi dischiudono scenari di vecchiaia in cui, se non faccio oggi quello che vorrei per tante ragioni figuriamoci quando lo Stato italiano deciderà di concederemi una pensione all'età - sempre che ci arrivi - di settant'anni. Così mi ritrovo a leggere storie pazzesche di buona sorte, racconti di funzionari che lavorano all'agenzia delle Dogane negli uffici di Piazza Mastai dove vengono pagate le grandi vincite. E mi ritrovo a sognare. Da trent'anni ad una casa nell'Alto Lazio, con l'alternativa dell'Umbria, dove nel piccolo centro medievale di Baschi è da mesi in vendita la casa che fu del regista Bernardo Bertolucci (quello di Novecento per intenderci) per un milione di euro.
Scopro nel frattempo che la lotteria americana Powerball ha un montepremi di oltre un miliardo di dollari e la probabilità di vincere il jackpot è pari alla possibilità di comporre sul telefono un numero a caso e chiamare la persona che si sta cercando. A rendere necessario il dover considerare il proprio lavoro attività stimolante, che tiene viva la mente, che nobilita e dona esempio alle generazioni future è solo la certezza che vincere soldi è impossibile. A Dio piacendo dovrò lavorare ancora tanto per ricevere una pensione da fame e nel frattempo mi domando: come trascorrerei i sabati nella villa di Bertolucci. Forse davanti al camino, aspettando il prossimo sogno.
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Un visitatore su questo mio video YouTube https://youtu.be/Ob1BLHLxEWY
Gentile Utente semplice Italia, ho ricevuto il suo messaggio infilandomi ieri pomeriggio nella canna sud della Direttissima Bo-FI rientrando dal nord Italia. Vivo a Cecina e lavoro a Torino girando il mio Paese per lavoro; parcheggiata l'auto ho compreso la sensazione che si ha di questa cittadina livornese quando la si vive in estate per dieci giorni, a Pasqua o il Due Giugno. Nonostante le finestre di casa si trovino su un viale trafficato ed inquinato in estate come Cornaredo, l'atmosfera per chi arriva qui è certamente diversa. Un tempo Cecina era città operosa (industria calzaturiera, artigianato ceramico, industria conserviera) la cui immagine simbolo che resta è oggi lo Zuccherificio che dal 1987 rimane vestigia diroccata sul viale della Repubblica ad uso speculazione immobiliare che i palazzinari tentano di vendere ai prezzi dell'hinterland di Milano. La chiusura di questa attività fu causata dalla miope presa di posizione dell'amministrazione comunale che non concesse alcune richieste dei proprietari che licenziarono tutti. Probabilmente fu un colpo di fortuna che trasformò i lavoratori licenziati da disoccupati a proprietari che infatti si buttarono sull'investimento in bilocali umidi e costruiti in economia che si possono ancora oggi notare nel disordinato sviluppo della città ; rendite di posizione riservate allo spennamento turistico e inaccessibili ad uso residenziale che strizzano l'occhio alle locazioni in nero, intestando come prime case le proprietà a cugini e zie per evadere l'IMU. Un'economia di gente che licenziata a ottobre da cameriere per acchiappare la NASPI passa le giornate al bar aspettando la primavera. Condividerà con me che la costa adriatica anche nel tratto che diventa Sud da Termoli in giù riserva ai turisti ben altra cura del territorio, delle spiagge, dei locali dove non si vendono bottiglie da supermercato al triplo del valore solo perchè servite fresche ad una tavolino del lungomare. Qui solo Piazza dei Bambini e viale della Vittoria a Marina di Cecina sono state conservate al decoro, il resto sono case con le facciate scrostate (ripristinate con soldi pubblici solo grazie ai denari della collettività con i bonus del governo) ma gli interni restano sepolcri imbiancati come la mentalità di chi si accontenta di vivere tra marciapiedi scassati, grondaie divorate dall'aria salina del mare, controfinestre in orrendo allumino anodizzato (non esiste qui un piano di recupero degli immobili secondo una logica) trascuratezza e maleducazone civica di chi nel 2022 getta in terra la carta del Maxi Bon semplicemente perchè in gran parte della città non si trovano i cestini dell'immondizia. I modelli di città dell'oggi sono immaginate a misura di uomo civilizzato progettate da architetti, city manager, urbanisti, nel rispetto del paesaggio e del suo sfruttamento razionale lasciando ai contadini (con i soldi ma sempre contadini) il loro antico mestiere senza doversi impicciare di cose che non sanno fare. Il video non voleva per nulla essere obbiettivo, anzi ! Per fortuna siamo tutti diversi altrimenti chi accetterebbe di vivere nelle case colorate davanti all'Ikea di Corsico? Andrea
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In una serie televisiva di produzione Rai un giornalista ha intervistato uomini e donne che si sono rintanate tra le forre e gli altopiani dell'Italia minore, fuggiti da un presente irriconoscibile gettando la spugna dal ring della competizione tra esseri umani. Un ragazzo fa i turni di notte in un macello per coltivare il sogno della compagna di tenere aperta una libreria "di frontiera" con marmellateria e tisaneria nell'Irpinia, un ex maresciallo dei carabinieri non del tutto in quadro che a fatica spiega al cronista il motivo per cui raccoglie pietre con le quali intesse dialoghi profondi. Poi storie di centenari nella fortunata Zona blu dell'Ogliastra o angoli di vita ritrovati in proprietà ereditate nella Toscana delle colline Metallifere, a cacciare per procurarsi una bistecca glocal nel totale disprezzo dei supermercati.
Lo scenario di ritorno si adatta perfettamente alla storia di un Paese arcaico come l'Italia che non ha saputo trattenere i suoi figli che all'estero hanno cercato la fortuna professionale e personale sino a quando in una qualunque edicola italica non si acquisti una copia di Repubblica. Alessando Brariccco ottiene dal quotidiano una pagina per spiegare il motivo per il quale ha registrato con la sua viva voce un file audio in cui ha letto dalla prima all'ultima parola il suo romanzo "Novecento" per appoggiarlo su un sito specializzato in NFT con la speranza di venderlo all'asta per un sacco di soldi.
Si sa che la democrazia del denaro non esiste e Baricco magari venderà il suo file di 85 minuti a qualche milione di euro, perchè lui è Baricco e solo in Italia ha un cospicuo seguito come scrittore televisivo; ex bellone anni Novanta in grado di insegnare a scrivere nella sua Scuola Holden a decine di figli di papà che non sapendo cosa fare nella vita cercano di farsi lanciare dal nostro intellettuale nella gora degli scrittori che scrivono libri che nell'80% dei casi non venderanno nemeno una copia. Alla peggio continueranno a scrivere per se stessi in qualche casale nelle Crete senesi, con il cane grigio accanto al camino e il nasone nel calice di Brunello da postare su Instagram.
Parlare di catene di blocchi in latitudini che se non esistessero le paraboliche non avrebbero nemmeno la connessione internet è complicato e fuori luogo perchè il poeta-pastore dell'Alto Molise non capirebbe il motivo di farsi rovinare la giornata mentre pascola le sue caprette. Eppure in molti ci vorranno provare.
Voi preferireste ogni giorno vedere il cielo blu dei paesi dell'osso sullo spopolato Appennino centro meridionale campando di niente barattando pecorini, tessuti e vino a chilometro zero o sareste tentati dal creare un asset immateriale che vi arricchisca in fretta per continuare ad inseguire il sogno di una vita da influencer in questo mondo infetto? Beveteci su e sappiatemi dire.
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Il mantra è approfittare dei regali governativi. Edifici scrostati da decenni, strade morte di palazzine sbiadite e cornicioni cadenti, degrado urbano in ogni angolo del Paese cui nessun nipote ha voluto metter mano tornano miracolosamente al decoro con i soldi pubblici grazie al "bonus facciata": una pioggia di miliardi tratti dalle tasche dei contribuenti per permettere a chi ha una vita agiata in quanto dotato di una o più abitazioni di proprietà di rifarsi la tinteggiatura gratis. Mentre chi vive in affitto a fatica continuerà come sempre a pagare senza avere in cambio niente.
Le maglie dei contributi, che finora sono costati un indebitamento monstre alla collettività, sono state strette e accorciate negli importi e nelle modalità di detrazione dall'ultima legge di bilancio di Mario Draghi che porterà inevitabilmente ad una frenata dell'acquisto di case cadenti a diecimila euro da ristrutturare a debito pubblico.
Dietro queste pareti aggettanti le strade dove si sono riaccesi i tenui colori albicocca, salmone, bianco panna ed evidenziatore la miseria umana continua la sua putrefazione. Case belle fuori e brutte dentro come la gente che le abita, pavimenti anni sessanta di marmi che un tempo furono preziosi fanno da cornice a mobilia mortuaria ereditata insieme ai muri, con i crocefissi da cinque chili appesi sulla testiera del letto sopra i materassi ingialliti dalle pisciate dei vecchi al tempo del boom economico.
Triste come la coscienza dell'italiano mediamente stronzo, approfittatore e scaltro, con gli zoccoli e l'oro al collo nella casa di Cittanova ereditata dallo zio Calogero di cui non è mai importato niente oltre l'eredità di quella bicocca aspromontina, inospitale ma pervenuta a costo zero per trascorrere le vacanze coi parenti, mentre fingeva di piangere di fronte al cofano il giorno del funerale.
Siamo fatti così, belli fuori e sporchi dentro privi della coscienza civile e della minima intelligenza per capire che nessun governo da niente per niente e che saranno i nostri figli e nipoti a pagare, costretti a rinunciare all'eredità pur di non doversi ritrovare a trascorrere le domeniche in una abitazione improbabile a contare su un tavolo di formica il conto dei danni. Che oggi ammontano già ad oltre quattro miliardi di euro di truffe accertate.
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Non esiste una giustizia ingiusta e neppure una giustizia giusta. Il diritto non può prevedere aggettivi che pieghino, modificandola, la propria natura.
Angelo Burzi, capogruppo in Regione e fondatore di Forza Italia in Piemonte, si è tolto la vita la notte di Natale perchè aveva esaurito i termini necessari a spiegare a se stesso e ai giudici che lo avevano condannato le ragioni della sua innocenza. La sua ultima lettera parla anche di questo.
Conoscere per decidere
Ho vissuto splendidamente sino al compimento del mio 73mo compleanno. Poi, da settembre sono cominciati i problemi… la notizia delle udienze alla fine previste per il processo di appello ed un iniziale mal di schiena. Partiamo da questo e, abbreviando un percorso durato tre mesi, si arriva ad una Pet di fine novembre, ad una biopsia ed a una Tac tutt’altro che positive. Si preannuncia quindi un prossimo futuro di approfondimenti, di interventi chirurgici e di terapie per nulla gradevoli… panorama non certo entusiasmante, ma c’è di peggio.
La giustizia è un esempio appunto del “peggio”, non trascurando che lo scrivente è certo di essere totalmente innocente nei riguardi delle accuse a lui rivolte. Alla fine del processo di appello, 14 dicembre u.s., ho totalizzato una condanna a tre anni per peculato svolto continuativamente dal 2008 al 2012. I possibili sviluppi stanno in un possibile nuovo ricorso in Cassazione, che avrà con grande probabilità un esito nuovamente negativo, diciamo alla fine del 2022. E qui iniziano i problemi seri perché interverrà la sospensione dell’erogazione del vitalizio per la durata della condanna. Probabilmente si sarà fatta nel frattempo nuovamente viva la Corte dei conti pretendendo le conseguenze del danno di immagine da me provocato, diciamo non poche decine decina di migliaia di euro.
Conclusioni
Credo tutto ciò sia soggettivamente insostenibile, banalmente perché col vitalizio io ci vivo, non essendomi nel corso della mia attività politica in alcun modo arricchito, e sostanzialmente perché non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l’ansia, l’angoscia che in questi anni ho generato oltre che a me stesso anche attorno a me nelle persone che mi sono più care, mia moglie, le mie figlie, i miei amici.
Preferisco dare loro oggi, adesso, una dose di dolore più violenta, ma una tantum… poi la loro vita potrà ricominciare visto che hanno, contrariamente a me, una larga porzione di futuro davanti a sé, futuro che non voglio danneggiare o mettere a rischio con una inutile mia ulteriore presenza su questo palcoscenico.
Siccome arrendermi non è mai stata un’opzione, frangar non flectar, esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco, abbandonando il campo in modo definitivo.
Serve anche fare un non esaustivo elenco dei personaggi che maggiormente hanno contraddistinto in maniera negativa questo mia vicenda in quasi dieci anni. Dapprima i giudici del primo processo d’appello, i quali, con una sentenza che definire iniqua e politicamente violenta è molto poco, azzerarono la sentenza di primo grado che mi vide assolto per insussistenza del fatto dopo due anni di dibattimento in aula. Poi l’uomo nero, il vero cattivo della storia, il sostituto procuratore che dall’inizio perseguì la sua logica colpevolista, direi politicamente colpevolista. Essendo persona preparata e colta non si arrese rispetto alle assoluzioni del primo grado, ma appellandosi a sua volta ottenne la condanna nel successivo appello. Ancor più colpevole a mio avviso perché, conoscendo in dettaglio i fatti che mi riguardano, insistette nelle sue tesi. Infine trionfò pochi giorni fa con l’esito del rinnovato appello determinato dalle decisioni della Cassazione.
In questo caso con il contributo significativo del presidente e relatore della Corte, l’ultimo arrivato sulla scena, le cui motivazioni non sono ancora note, bisogna attendere i 90 gg dalla sentenza, ma è evidente che ci ha messo molto del suo, probabilmente aggiungendo le sue valutazioni di ordine etico morale, del tutto soggettive e prive sia di sostanza che di sostenibilità giuridica, alle richieste dell’accusa. Se la procedura glielo avesse consentito, credo le avrebbe ampliate.
Desidero infine che il mio abbandono non sia in alcun modo connesso con il Natale, è solo dovuto alla concomitante assenza fisica di mia moglie, il che lo rende oggi praticabile. Spero però sia di esplicita condanna per coloro che ne sono stati concausa e di memoria per coloro che, leggendo queste poche righe, le potessero condividere.
Importante anche non dimenticare il ruolo positivo della Presidente Bersano di Begey che svolse eccellentemente il suo non semplice ruolo durante il primo grado del processo, leggendo le carte disponibili, sentendo coloro che avevano titolo, distinguendo le spese per la loro inerenza al mandato dei consiglieri, condannando severamente i colpevoli ed assolvendo gli altri, fra i quali io stesso. Insomma facendo il giudice!
Me ne vado in eccellente forma psichica, abbastanza traballante in quella fisica, certo che questo mio gesto estremo sia l’unica strada da me ancora percorribile… la riduzione e la cessazione futura del danno!
Siccome credo in Dio sono anche certo che Lui comprenderà e che quindi non passerò l’eternità tra le fiamme degli inferi.
Con sincerità
Angelo Burzi
Ps: chi fosse destinatario di queste parole sappia di essere autorizzato a farne l’uso che crede. Ne posso rispondere solo io, che però non ci sarò più.
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