Il sabato leopardiano raccontava il tempo di un secolo agreste e poverissimo ma il giorno è lo stesso in cui anch'io, che considero abominio il sogno di vincite milionarie passando le giornate bevendo crodini al bar a grattare lotterie istantanee, mi ritrovo a giocare cinque colonne da sei numeri ciascuna, Più un numero Superstar.
Gli anni a venire e le prospettive di una esistenza non proprio a livello delle aspettative che la mia generazione poteva attendersi dischiudono scenari di vecchiaia in cui, se non faccio oggi quello che vorrei per tante ragioni figuriamoci quando lo Stato italiano deciderà di concederemi una pensione all'età - sempre che ci arrivi - di settant'anni. Così mi ritrovo a leggere storie pazzesche di buona sorte, racconti di funzionari che lavorano all'agenzia delle Dogane negli uffici di Piazza Mastai dove vengono pagate le grandi vincite. E mi ritrovo a sognare. Da trent'anni ad una casa nell'Alto Lazio, con l'alternativa dell'Umbria, dove nel piccolo centro medievale di Baschi è da mesi in vendita la casa che fu del regista Bernardo Bertolucci (quello di Novecento per intenderci) per un milione di euro.
Scopro nel frattempo che la lotteria americana Powerball ha un montepremi di oltre un miliardo di dollari e la probabilità di vincere il jackpot è pari alla possibilità di comporre sul telefono un numero a caso e chiamare la persona che si sta cercando. A rendere necessario il dover considerare il proprio lavoro attività stimolante, che tiene viva la mente, che nobilita e dona esempio alle generazioni future è solo la certezza che vincere soldi è impossibile. A Dio piacendo dovrò lavorare ancora tanto per ricevere una pensione da fame e nel frattempo mi domando: come trascorrerei i sabati nella villa di Bertolucci. Forse davanti al camino, aspettando il prossimo sogno.