Torino 2.0 Blog
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Una vecchia volpe socialista degli anni ottanta ha recentemente scritto sulla sua bacheca di Facebook a proposito delle polemiche sull'opportunità della parata del 2 giugno che "un politico serio dovrebbe pensare a fare bene il suo lavoro anzichè fare l'arruffapopolo per coprire le sue mancanze tentando di recuperare i passi falsi".
Non so quanti italiani credano ancora che possano esistere politici seri e non so quanti italiani, sentendosi non rappresentati da un governo tecnico di salute pubblica, abbiano la fretta di partecipare all'elezione di un nuovo parlamento democraticamente eletto.
Certo è che i politici per quanto onesti e seri possano essere hanno totalmente perduto il senso delle realtà: migliaia di fabbriche ed attività economiche hanno chiuso grazie all'ingresso della Cina nel WTO consentendogli di invadere i nostri mercati come un'ondata di piena. Gli economisti italiani non tardarono a fornire il loro appoggio filosofico ed intellettuale a questa teoria raccontandoci la favoletta che la totale liberalizzazione degli scambi commerciali avrebbe portato a tutto il mondo molti più vantaggi che svantaggi. La speranza che i cinesi arricchitisi facessero la coda per comprare auto di lusso da corsa fabbricate nel modenese, vestiti di tutto punto con abiti firmati dai nostri bravi stilisti, si è spenta nel momento in cui si è capito che da noi i cinesi non avrebbero comprato nulla perchè si sarebbero prodotti tutto questo (imitandolo) a casa loro.
Come si può immaginare che i laboratori sulla società che infestano le agende culturali della provincia italiana possano essere utili a salvare il salvabile ? E' un continuo sbrodolarsi addosso di teorie inutili e dannose, quando non ingannevoli per tenere tranquille le famiglie che hanno perso ogni prospettiva di lasciare qualcosa di concreto ai loro figli.
E' tardi, è necessario passare dalle parole ai fatti : bisogna delegittimare questa classe politica ingorda e cialtrona, recuperare i loro codici fiscali, farsi restituire tutto quello che ci hanno rubato e trasmettere questi nominativi ai casellari giudiziari delle procure e scrivendo "indesiderabile" sulle loro carte d'identità, rendendoli automaticamente ineleggebili in qualunque carica pubblica.
Un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale deve occuparsi di riscostruire questo nuovo dopoguerra, portando nelle aule del parlamento persone capaci e disponibili a sacrificarsi facendo politica per uno stipendio da impiegato. Solo così si ripuliranno le liste dei partiti da delinquenti, prostitute, lenoni e sottopancia delle lobby in cerca di occupazione.
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Chi segue i titoli dell'informazione economica dovrebbe farsi ogni mattina appena sveglio il segno della croce (per chi ci crede) o praticare ogni tipo di scongiuro (per chi non ci crede) se vuole coltivare la speranza di "arrivare al panettone".
Nel primo trimestre di quest'anno in Italia sono stati dichiarati 3001 fallimenti, ovvero in media 33 aziende ogni giorno hanno chiuso per sempre la loro attività, il Piemonte è al quinto posto dopo Lombardia, Lazio, Veneto e Campania e il ritmo è destinato a crescere ulteriormente.
Eppure nonostante ciò circolano a Torino autovetture come quella fotografata, talmente mastodontiche e lussuose da non riuscire a rimanere entro la larghezza delle strisce blu. A chi non verrebbe da domandarsi : chi può permettersi oggi di acquistare (e mantenere a suon di supertasse sui CV fiscali, benzina a 1,95/litro e polizze RC auto da paese sotto minaccia nucleare) vetture da scorta della Casa Bianca ?
Un tempo anche l'ultimo dirigente Fiat era considerato un signore fortunato, con Alfa 164 in uso a costo zero e magari Fiat Uno per la signora, casa in riviera e ampio bilocale in baita caratteristica; oggi anche queste figure di formichine risparmiose che grazie ai benefit aziendali sono riusciti a costruire qualcosa a beneficio dei loro figli, non esistono più.
Allora si sarebbe potuto pensare che il proprietario di questa vettura potesse essere un piccolo ma sveglio imprenditore della tecnologia, un genietto della finanza virtuale oppure fortunato possessore di pizzeria con coda sul marciapiede per mancanza di posti a sedere, ma oggi i ristoranti sono tutti vuoti, le code si vedono solo davanti ad un paio di gelaterie cittadine la domenica pomeriggio, la new economy ha già da un pezzo dimostrato di essere una disastrosa idea per arricchirsi senza far niente per il resto è cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, smarrimento.
Si tratterà di soldi sporchi ? Di evasione fiscale o semplicemente di qualche coatto arrivista che salda due rate poi la società di leasing gli sequestra il mezzo e il Ricucci de noantri torna a viaggiare sul 16, circolare sinistra ?
La domanda é: la crisi è un'invenzione giornalistica oppure ci siamo persi qualcosa ? A voi la risposta.
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Un tempo c'era un morto ammazzato ogni giorno per questioni di soldi, oggi c'è un morto impiccato ogni giorno per la ragione opposta : sono finiti i soldi.
A chi non è capitato, anche in tempi di vacche grasse, di dover rinunciare a qualcosa per superare momenti difficili ? Purtroppo la situazione non aiuta a ragionare e la via più breve per certi soggetti meno preparati è di recarsi dal ferramenta per comprare una corda. Va tuttavia considerato che spesso non è la mancanza di pane e minestra a determinare le situazioni insostenibili di cui sopra, quanto la necessaria fine di uno stile di vita che già prima della crisi era del tutto fuori luogo, fatto di vizi, sfizi, auto, cellulari costosi e abiti firmati. Per molti il dover rinunciare a tutto questo rappresenta davvero "La fine".
Con rispetto per chi davvero si trova in estrema difficoltà (e sono in tanti e crescono ogni giorno), va segnalato che l'effetto domino va fermato cercando di riportare le persone a ragionare prima di compiere gesti scellerati, magari pensandoci un pò prima di arrivare sull'orlo del burrone, insultando il bene della vita che anche per un laico come me ha un valore incommensurabile.
Episodi come quello del valligiano bergamasco il quale, armato di fucile, ha tenuto sotto scacco numerose forze dell'ordine e mezzi di ogni genere a Romano di Lombardia devono essere scongiurati per evitare che lo spirito di emulazione suggerisca a persone non proprio in situazioni psicologiche regolari, di barricarsi negli uffici finanziari italiani con sotto l'ascella plichi di multe non pagate, contributi dimenticati e altre nequizie di cui oggi Equitalia sta reclamando senza pietà il saldo.
Certamente il governo italiano in questo momento non è proprio tenero con i suoi provvedimenti che stanno mettendo molte famiglie in difficoltà, ma non vorremmo che le campagne di disobbedienza fiscale messe in atto in questi giorni dal partito della vecchia antipolitica facessero anche lievitare i costi sociali, come muovere un elicottero delle teste di cuoio dei Carabinieri, salvo poi fare pagare il servizio pubblico a noi cittadini che le tasse le abbiamo sempre pagate.
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I recenti fatti di cronaca ci portano ad una amara conclusione : lo stato italiano rimane impassibile di fronte a persone che hanno deciso di togliersi la vita perchè si ritenevano, a torto o a ragione, oppresse da un fisco da stato di polizia, mentre lo stesso Stato si preoccupa di salvare Bernardo Provenzano che aveva deciso di suicidarsi in carcere con ben altre motivazioni.
Lo stato di diritto viene calpestato tre volte : la prima perchè le agenzie di recupero crediti del fisco richiedono il pagamento immediato di somme gravate da tassi composti da usura, dovute da soggetti già sotterrati sotto una montagna di debiti che non hanno alcuna possibilità di riconoscere quanto gli viene contestato, la seconda perchè i grandi evasori continuano indisturbati la loro latitanza bevendo Cristal nelle loro case di Manhattan o a bordo di paradisi fiscali galleggianti nei porti di Antigua, la terza (la più grave) perchè è la prova che la vita di chi è responsabile di reati da film horror vale molto di più di quella di un onesto cittadino qualunque.
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Sul finire del 1995, a tre anni dallo scoppio di Tangentopoli e sei anni prima di morire, un grande giornalista che si chiamava Indro Montanelli commentava con un articolo intitolato "Ma il Paese è meglio della classe politica?" la nostra società ammalata di oblio e di incapacità di autodefinirsi con sincerità. Per ricordarlo pubblichiamo l'articolo per intero e chissà mai se leggendolo oggi a qualcuno salterà all'occhio la qualità professionale di Montanelli messa a fianco di troppi pennivendoli prezzolati, servi del potere che non sono in grado di svolgere con serietà il loro mestiere di giornalista.
Al loro posto, ci ripenserei con qualche inquietudine. Sto parlando delle toghe di Mani pulite, e quello a cui ripenserei il giorno in cui un certo signor Chiesa, colto in flagrante bustarella di qualche milione, poco più che una mancia da portaborse, fece saltare il tombino della fogna, che doveva sommergere l’Italia di liquame. Ci ripenserei non per pentirmene; cosa potevano fare le toghe: fingere di non vedere e non sentire ? Quello che con qualche inquietudine al loro posto ci chiederemmo è se si resero immediatamente conto del baratro in cui l’inchiesta stava per precipitare tutta la classe dirigente della Prima Repubblica, e più ancora della forza di contagio che la loro azione avrebbe esercitato su tutte le altre Procure. Dai colloqui che ho avuto saltuariamente con loro, a cominciare dal capo Borrelli e dal suo vice D’Ambrosio, credo di poter arguire che se ne resero conto e che affrontarono l’impegno con piena consapevolezza, convinti, come le eravamo tutti, o come credevamo di esserlo (i pretesti e la varietà degli autoinganni sono infiniti) che, una volta individuato il focolaio della corruzione, bastasse estirpare quello a colpi di bisturi, anche se assestati un po’ fuori dalle regole, per risanare il Paese. Fu il momento del grande idillio fra il pool incarnato da Di Pietro e l’opinione pubblica assetata di castigo e fidente nella guarigione. Le inquietudini cominciarono, sia pure dapprima esitanti e controverse, quando Tangentopoli prese a coinvolgere, com’era inevitabile, i ceti imprenditoriali, e questi, com’era ugualmente inevitabile, le fiamme gialle della Finanza, per poi tracimare in Sanitopoli, e poi in Affittopoli, per metterci alla fine di fronte alla imprevista realtà di millecinquecento ufficiali (uomini con tanto di divisa, di stellette, di riti che impegnano non a una professione, ma a un sacerdozio) indagati per bustarelle sulle forniture di armamenti; nonché un imprecisato numero di corpi accademici accusati d’imbrogli e favoritismi nei concorsi delle cattedre universitarie che dovrebbero allevare i quadri della nuova classe dirigente. Altro che focolaio. Questa è metastasi Un referto che ci lascia muti e sgomenti di fronte all’interrogativo: “Ma in che Paese viviamo?”. In questo Paese, viviamo. E’ l’ora di guardarlo negli occhi. Ma lo è anche di guardarci negli occhi pure tra noi. A tutti, anche a chi scrive faceva comodo pensare che tutto il marcio si annidasse nella classe politica, che bastasse buttare al macero quella per risanare l’Italia, e che per compiere questa operazione bastasse e possa ancora bastare qualche “regola” nuova. Non è così. E se persistiamo in questo autoinganno, al macero ci andiamo tutti. Guai se non troviamo il coraggio di riconoscere che la classe politica della Prima Repubblica era, nella sua putredine, lo specchio di un Paese nel quale la coscienza morale e civile è sempre rimasta monopolio di una esigua minoranza, regolarmente relegata ai margini della vita pubblica, e ora -temiamo – in via dia estinzione. Dicendo questo - e perciò lo diciamo sottovoce e a titolo puramente personale – sappiamo benissimo di tirarci addosso chissà quali anatemi e accuse di disfattismo. Ma se non si parte da questa natura amara e scomoda realtà non ci resta, con buona pace delle toghe di Mani pulite, che richiamare in patria il rifugiato di Hammamet, che in fondo era, nelle sue 50 perchierie e menzogne, il più fedele ritratto. I suoi successori non potrebbero che farcelo rimpiangere.
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