I dati di affluenza all'ottava edizione del salone del gusto sono sorprendenti. Impossibile circolare nell'area espositiva tra banchetti di tome, salami, vini, mousse, agnolotti e frutta sciroppata per le presenze di italiani e stranieri che vanno in deliquio dinanzi ad un assaggio professionale di olio o sorseggiano un calice di vino biodinamico con gli occhi al cielo e il nasone nel bicchiere. Ognuno pare abbia un sogno in cuor suo : visitare il salone e discuterne il giorno dopo come un critico enogastronomico con i colleghi d'ufficio nella pausa caffe'. Tutto questo e' salute e benessere commerciale per la Citta' intera di cui non possiamo che essere felici. Non si capisce pero' come mai finita la festa paesana ci ritroviamo ristoranti sull'orlo del fallimento perche' i clienti non vogliono spendere per mangiare piu' di 18 euro e le enoteche faticano a vendere eccellenti etichette perche' ritenute troppo costose in tempi di crisi. Pare che i torinesi siano gourmand solo in occasioni di assembramenti ecumenici ma quando si tratta di volersi bene e investire 40 euro per un pranzo come si deve urlino allo scandalo e scelgano il kebab.