Monsignor Nosiglia dal pulpito del Duomo di Torino ha rilanciato un format, già utilizzato dai prevosti mediatici come Don Mazzi o dai preti antimafia nelle parrocchie del sud.
Rinunciando al look fotogenico di don Piero Gallo, prete di San Salvario, Nosiglia aveva già dimostrato un attaccamento cordiale alla maggioranza torinese, stravolgendo il concetto di anticlericalismo della sinistra di lotta per riproporre un compromesso storico, ormai vecchio di venticinque anni, ma buono per essere riabilitato come i Ray Ban degli anni settanta.
Ed ha parlato alla classe dirigente. A Torino la soporifera politica non riesce a riempire le pagine dei quotidiani locali perchè non ha niente da raccontare, solo la festa dei Carabinieri (manco a dirlo) scaccia gli orrori delle infiltrazioni mafiose a Torino e nell'hinterland, regalando caroselli equestri ai festanti torinesi che paiono impermeabili ad ogni tipo di indignazione.
E poi i giovani : aumenta il numero di famiglie dove nessun componente ha un reddito. E di cosa vivono ? Viene da pensare che non hanno un reddito perchè nessuno dei componenti ha voglia di trovare un lavoro. Il dato sulla disoccupazione frizionale è alimentato proprio da chi cerca un lavoro ma non trovandolo adatto alle proprie aspettative, rinuncia a proseguire nella ricerca dello stesso. E allora tutti in treno a mangiare pizze unte sulle panchine del lungomare, con in tasca i soldi della pensione del padre o della nonna, magari beneficiaria dell'assegno di accompagnamento. E almeno pensiamo ad altro e scacciamo il lugubre futuro che ci attende.
L'arcivescovo di Torino ha fatto molto bene a riproporsi come megafono dell'ISTAT ed a spronare i politici locali, anche perchè i giornali non li legge più nessuno e l'informazione gratuita è sottoutilizzata perchè è meglio "mangiare, bere e pensare a un c....". Finchè ce n'è.