Mauro Anetrini ha fondato il "partito dei crin" e qui esprime uno dei suoi modelli di democrazia
Mi piacciono. I dirigenti del Pd mi piacciono. Oddio..., non da andarci pazzo, ma mi piacciono.
Mi piacciono, ad esempio, quando dicono che, senza il rimborso elettorale o altra forma di sostegno pubblico ai partiti, in questo Paese potrebbero fare politica soltanto i ricchi.
Mi piacciono, anche, quando assumono un atteggiamento critico verso il Governo che hanno voluto e salvato in almeno 10 occasioni.
Ma, soprattutto, mi piacciono quando - memori, evidentemente, del piano "Solo" - evocano sinistre immagini per stigmatizzare la quota percentuale raggiunta la quale dovrebbe assegnarsi il premio di maggioranza: 40 va bene; 42,5 no.
Sono spettacolari, non c'è che dire. Approfittano della pochezza degli avversari per riaffermare ciò che sono sempre stati: una forza di opposizione incapace di trasformarsi, sempre uguale a se stessa, come il linguaggio che usa.
Il fatto è, purtroppo, che, anche dall'altra parte, non si fanno mancare nulla: Alfano crede davvero di essere il segretario politico di un partito; la Santanchè pensa addirittura di esistere e quindi parla. Il Grande Comunicatore, invece, viaggia. Bontà sua: lo avesse fatto prima, staremmo meglio.
Faranno le primarie anche loro: come, non si sa, ma le faranno. Salvo, poi, disattendere il risultato se non piacerà.
Dunque, nessuna riforma della legge elettorale, del finanziamento ei partiti e del resto che incombe. Nessuna riforma, insomma.
Sulla legge elettorale, noi crin una possizione ce l'abbiamo. Non piacerà, perchè è scomoda e non garantisce nulla a nessuno, fatta eccezione per il fatto che sono i cittadini a decidere che vince.
Il maggioritario all'inglese: uno contro uno, senza rete, senza soldi e senza ripescaggi come al mondiale di calcio.
Come fanno i nostri amici inglesi, che di democrazia ne sanno qualcosa.
Uno contro uno: vince il migliore, non l'amico degli amici. E, ovviamente, honny soit qui mal y pense.