Gianni Agnelli tiene tra le dita una sigaretta nel ritratto di Andy Warhol.
Era la Torino di una volta, fucina di idee e di sacrificio, di orgoglio, di fabbrica e di immigrazione. Ma non era solo fatica e nebbia ma soprattutto costruzione di ricchezza economica e di nobiltà interiore.
Francesco Faà di Bruno, Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Alessandro Antonelli, Francesco Garnier Valletti, Francesco Cirio, Vincenzo Lancia, la signorina Lenci, Marcel Bich, Riccardo Gualino, Guido Gozzano, Piero Gobetti, Felice Casorati, Carlo Levi, Mario Soldati, Primo Levi, Arturo Ambosio, Erminio Macario, Fred Buscagliene, Giuseppe Erba, Vittorio Pozzo, Giampiero Combi, Federico Tesio, Pietro Cavallero e Rosa Vercesi (anime nere), Gustavo Rol, Giulio Einaudi.
Leggendo questi nomi qualcuno si chiederà come mai sono raccolti uno accanto all’altro. Perché erano tutti torinesi o diventati tali per amore di questa Città che non esiste più.
Nessuno se ne è accorto o ha fatto finta di niente per non dover vivere il rimpianto ed assistere a quello che la nostra Città si trova oggi a rappresentare: il nulla.
Il silenzio assordante serpeggia nelle aule istituzionali del Consiglio comunale incapace di assumere posizioni adulte, il marciume lorda le poltroncine del Consiglio Regionale del Piemonte dove si stravaccano consiglieri furbi e disonesti eletti con i nostri voti ingenui e puliti.
La povera residuale buona stampa subalpina tenta di allestire il “parterre de roi” intellettuale e imprenditoriale con i nomi di giovani geni come i proprietari di una catena di gelaterie o il cioccolataio di via Cagliari ma queste persone non rappresentano altro se non una riedizione sgalfa e ridicola di chi a Torino ha fatto impresa prima di loro e loro stessi si trovano in prima pagina in questa città decadente solo perché glielo hanno concesso le finanze e le garanzie immobiliari dei loro genitori. In un mondo di ciechi un orbo è re.
E’ grottesco come le classi dirigenti che si sono susseguite negli ultimi anni abbiano saputo distruggere con metodo sadico, cretino ed autolesionista le origini della loro storia e quanto è peggio è che queste persone non hanno neppure il riguardo di onorare la memoria di chi li ha preceduti perché vivono imbevuti nella prosopopea di essere loro gli eredi naturali di tanto intelletto.
Non valgono nulla. Queste persone sono solo sciacalli ingordi che non riescono neppure ad avere a cuore il futuro dei propri figli se non riescono ad interrogarsi di fronte allo sdegno del tempo che stanno vivendo come attori in prima persona.
Nota; per chi volesse conoscere le storie degli uomini e delle donne che hanno onorato la propria città vada in libreria: Osvaldo Guerrieri, abruzzese di Chieti, saprà soddisfare questo desiderio di curiosità.