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Categoria: Torino20
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Dal tavolo di una trattoria italiana guardo il cielo azzurro, come il mare della Micronesia. Sembra impossibile che un’aria fresca e quasi fredda inondi Torino in un mese torrido come normalmente è il mese del luglio continentale.
Mi trovo sul bordo di un marciapiede del quartiere giallonero di Torino ripensando agli ultimi titoli letti la mattina sui canali di informazione digitale e pare impensabile che il mondo qui sia ancora così vicino alla natura dell’uomo.
Il Corno d’Africa si asciuga in una disastrosa carestia: mentre i bambini del deserto muoiono mangiati dalle mosche, il Santo padre attende che dalle cucine di Castel Gandolfo esca il suo quotidiano piatto di fettuccine, annaffiate da vino dei Castelli romani.
Il 2 agosto è il D-DAY per l’economia del Nordamerica che vive nella speranza che l’infausto giorno del default venga scongiurato in extremis da un accordo tra chi conta nell’ultimo scampolo di occidente in grado di contrastare il mondo orientale in ascesa.
Per l’economia mondiale sarebbe uno tsunami irreparabile.

Penso a Mogadiscio, ad Islamabad o a Giugliano in Campania. E mi sento fortunato. Molto fortunato.

Nonostante la mia stessa esistenza stia attraversando un periodo non facile nel quale condivido le ristrettezze dell’ex occidente opulento, oggi è domenica e ho mangiato pagando altri che mi cucinassero il pranzo.
Lo spazio mentale che si apre in un angolo del mondo come questo non ha niente a che vedere con l’afa di Detroit o di Bangkok dove gli esseri umani localizzati in Paesi decadenti ed emergenti non riescono più a vivere fuori dalle bolle di aria condizionata.
Io sto bene, posso ancora scegliere da una lista il piatto che preferisco mentre il sole fresco asciuga strade che normalmente non sono proprio considerate il massimo della qualità della vita per chi sceglie Torino come Città in cui vivere, volente o nolente.
Eppure oggi sembra un luogo meraviglioso.

Le fabbriche a breve spariranno, inghiottite dalla globalizzazione dei verdurieri e delle pizzerie ormai in mano ai capitali cinesi.
Qualche commerciante però riesce ad andare oltre al concetto di colonizzazione e ti chiede trenta euro per un pranzo anziché sei. E fa bene !
Fa molto bene, perché un uomo che sceglie di mangiare male per spendere poco non fa altro che sposare la globalizzazione che nell’intimo silenzio del tinello di casa rifugge come la peste perché lo fa imbestialire nella sua miseria, togliendogli anche l’ultimo distintivo di essere umano nato nel mondo libero dove ogni giorno basta aprire il frigorifero per mangiare quando ti viene fame.
Purtroppo però sono gli stessi individui che potendo permettersi ben altro di un piatto di pasta malcotta cucinata da persone che stanno alla cucina come noi stiamo alla fede induista, scelgono di appiattirsi in una miserabile corsa al risparmio, mortificando l’economia italiana sulla china della bancarotta.

Ognuno cerchi di salvare almeno se stesso cominciando a nutrirsi come qui si fa da oltre duemila anni, difendendo gli ultimi valori che saranno quelli su cui fondare un nuovo Risorgimento italiano quando tutto sarà finito.